Nacque a Cairo Montenotte (Savona) il 6 ottobre 1838. A Cairo fu ispiratore e co-fondatore della Società Operaia di Mutuo Soccorso, una delle prime della Valle Bormida. Nel 1880 pubblicò il libro "Noterelle d'uno dei Mille". Il 5 giugno 1910 Cesare Abba fu nominato senatore. Morì a Brescia il 6 novembre 1910 all'età di 72 anni. Commovente fu il trasporto nel cimitero di Cairo, accanto alle spoglie dei suoi familiari. Quest'anno si commemora il centenario della sua morte.
giovedì 25 novembre 2010
lunedì 22 novembre 2010
sabato 13 novembre 2010
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giovedì 19 agosto 2010
lunedì 26 luglio 2010
giovedì 22 luglio 2010
lunedì 19 luglio 2010
Vincent Pons - France
Nota autobiografica di Giuseppe Cesare Abba
Nacque in Cairo Montenotte il 6 ottobre 1838, e visse, come tutti i ragazzi di quei tempi, fino agli otto o nove anni, con poco tormento di scuola. A dodici anni, preparato, come si soleva allora, alla testa, perche' il corpo era gia' abbastanza saldo, entro' dagli Scolopi di Carcare, in quel Collegio dove gli entusiasmi del 1848 erano ancora vivissimi, specie nel padre Atanasio Canata, grande svegliatore d'ingegni e di cuori, come erano stati tra gli Scolopi di Savona i padri Pizzorno e Faa' di Bruno. Svegliavano all'amore delle lettere, dell'arte e della patria, cui molti degli alunni offersero il braccio nel 1859. Tra questi fu Giuseppe Cesare Abba che ando' volontario in Aosta Cavalleria, e che l'anno appresso trovo' tre di quei suoi compagni di scuola nei Mille.
Finita la guerra del 1860, Abba se ando' a stare in Pisa per vaghezza di studi e per vivere coi giovani amici gia' compagni d'armi e tornati studenti in quell'universita', gioconda e pensosa; dove anch'egli ascolto' le lezioni dei grandi maestri (...). Allora Abba scriveva un suo poemetto romantico intitolato "Arrigo: da Quarto al Volturno" che stampo' nella primavera del 1866 piu' per contentar gli amici che per lusinga di far leggere cose sue. Gli dicevano che dalla guerra imminente non era certo di tornare, e che non sarebbe stato inutile lasciare di se' quel lavoro.
Abba parti' con la scolaresca pisana per la guerra del 1866, e nel combattimento di Bezzecca merito' la medaglia d'argento al valor militare "per avere con pochi animosi seguita la bandiera, salvando inoltre due pezzi d'artiglieria". Dice cosi' il brevetto che accompagna la medaglia.
Gli anni dal 1866 al 1880 furono per Abba di solitudine e di raccoglimento nel paese natio, cui dedico' tuttavia molte delle sue energie per promuovere l'istruzione, l'igiene, la vita. Allora egli pensava che se tutti coloro che avevano viste in azione le grandi cose della rivoluzione italiana, avessero portato il pensiero e l'opera loro nel luogo natio per piccolo che questo fosse, la patria grande avrebbe rimesso rapidamente il tempo che cause d'ogni sorte le avevano fatto perdere nel mondo.
In quel raccoglimento scrisse il romanzo "Le Rive della Bormida" di scuola Manzoniana, in cui narra storie della sua valle, all'apparirvi dei francesi nel 1794, raccolte dai vecchi che le avevano vedute. Piu' tardi entro' nell'insegnamento e comincio' dal liceo di Faenza dove stette quattro anni tra quei romagnoli amatissimo.
Poi, per antico amore a Brescia, concorse al posto di professore nell'Istituto Tecnico di quella nobile citta' da dove non si mosse piu', e vi sta ora preside dell'Istituto.
Le opere sue, dopo il poemetto di Pisa e "Le Rive della Bormida", sono le "Noterelle d'uno dei Mille", ch'egli trasse, dopo venti anni, dal proprio taccuino del 1860, incuorato a cio' dal Carducci: le "Cose vedute" (prose); "Romagna" (versi); "Uomini e soldati", libro d'educazione per l'esercito e pel popolo; "Le Alpi Nostre", scritto per le scuole elementari superiori; la "Vita di Nino Bixio"; la "Storia dei Mille", premiata dall'Istituto lombardo di scienze e lettere, benche' l'Autore non avesse concorso, come si legge nella relazione della Commissione scritta dal prof. Michele Scherillo; "Cose Garibaldine", raccolta di fatti e di figure; discorsi per solennita' patriottiche come quello per l'inaugurazione del monumento a Garibaldi in Brescia (1889); quello per il cinquantenario dei Martiri di Belfiore detto in Mantova il 3 marzo 1903; e quello pel cinquantenario della nascita di Garibaldi detto in Roma nella sala Capitolina alla presenza di S.M. il re d'Italia.
Non molto forse per una vita di 70 anni, ma insomma quanto basta per mostrare che Giuseppe Cesare Abba fece quanto pote' umilmente, senza pretensioni, senza ambizioni e senza guadagni.
lunedì 12 luglio 2010
Le rive della Bormida
di Bruno Chiarlone
Libro NARRATIVA 68 pagine
Copertina Morbida - Formato 15x23 - bianco e nero
Cairo Montenotte, 6 aprile 1871
Caro [Augusto] Merighi, - con qual gusto verrei a passare un paio di giorni con te e coll'amico Achino te lo puoi immaginare, ma son qui colla madre ammalata e occupato ad un lavoro che forse avrete visto nelle appendici della Gazzetta di Milano.
E' un romanzo d'argomento paesano mio, e ha per titolo Le rive della Bormida.
Ieri l'altro fui a Savona, dove pranzai accanto al Lobbia, nella festa offertagli dalla democrazia savonese. Seppi cose di nostri amici che mi hanno fatto palpitare d'invidia. Oh, i generosi personaggi!
Caro Merighi, temo d'essere invecchiato, quando penso che non seppi staccarmi da casa, e tornare anche stavolta a fare un po' di bene pel mondo. Ma non avrei ritrovata viva mia madre al mio ritorno, e chi sa quale rimorso avrei creato a me stesso.
Brutta cosa non aver sempre vent'anni, per poter fare della propria vita quel conto che si vuole, senza danno dei parenti. Dirai che è facile lagnarsi dopo non aver fatto, ma non posso stare. Caro Merighi, quanti figli hai?
Tu felicemente hai uno scopo almeno per vivere, e se pongo mente a quello che han fatto i miei amici, un giorno o l'altro tolgo moglie anch'io. Frattanto addio a te e alla tua famiglia, i miei saluti all'amico Achino, che avrai trovato bravissimo giovane, amami e ricevi un bacio fraterno dal tuo per la vita....
mercoledì 23 giugno 2010
L'uomo che cadde sulla Terra
Roma, 31 maggio 1881
Cara Rosina, il dottor Bormioli partì in questo momento da Roma e ti porterà mie notizie. Io sto benissimo di salute, e attendo notizie tue e dei figli. Starò qui ancora qualche giorno. Spero che avrai ricevuto la mia lettera del giorno 28 e che avrai fatto fare l'indirizzo a quella che vi ci ho accluso per essere spedita in America. Dirai a Vincenzo che allestisca il vino da far partire, e che sia pronto prima del giorno 10. Se sarò a casa farò la spedizione io stesso, seno scriverò a chi deve indirizzarlo. Tornerò a scriverti presto.
Oggi devono tagliare il fieno nel campo. Raccomando che sia pesato per norma. Il Gigio ti dovrà pagare settantacinque lire; io credo di dovergli venti o venticinque soldi per servizi fattimi. Dimmi se i manenti hanno seminato la meliga, se hanno fatto il fossato intorno al campo della stazione, se vi è dell'uva, se i bachi vanno bene e se il grano promette. Tanti baci ai nostri bambini e a te. Addio...
lunedì 21 giugno 2010
4 Abba colorati da Patrizia - Tictac -
Roma, 28 maggio 1881
Cara moglie, - non ti puoi immaginare il piacere che provo quando ricevo una tua lettera. Mi pare d'essere nelle tue braccia in mezzo ai nostri cari bambini, e invidio te che gli hai intorno, sebbene sia persuaso che la più parte del giorno ti facciano andar in collera colle loro scapataggini. Ricorda loro che noti tutto il male che fanno e che io tornando darò a ognuno i castighi che si saranno meritati.
Sento che i bachi in paese van male. Falli pur gettar via e affitta, come potrai, la foglia. Informati del prezzo che corre per rubbo e affittala a rubbi o a blocco come ti converrà meglio.
Godo che la Giulietta vada a scuola da Adele. Guadagnerà il tempo che ha perduto a dire due più due quattro più quattro, storia noiosa di tutto l'inverno scorso che era già dolorosa abbastanza. E Mario? come mi fu caro il suo biglietto! Ieri pranzando l'ho fatto vedere a' miei amici, i quali hanno riso tanto, massime perché egli mi prega in esso d'essere sempre buono. Dà un bacio a Giulietta, a lui, a Lisa e al piccolo Pietrino.
con la preghiera di spedire al nuovo indirizzo, poiché la casella postale
non l'ho più pagata, costa troppo:
200 euro all'anno!
200 euro all'anno!
Dear friend, my new address:
Il recapito è:
Il recapito è:
Bruno Chiarlone
(OB van Charly-one)
58, rue Berte Lotti
17014 Cairmont
Italie
mercoledì 16 giugno 2010
MARINA SALMASO - Copenaghen - Danimarca
Lettera a Mario Pratesi - Viterbo
Lecco, 11 giugno 1875
Caro Mario, - ti scrivo dallo studio del Pozzi in Lecco. Abbiamo parlato di te molto. Come si rammentano bene gli amici, stando in questi luoghi di pace e di ricordi soavi! Io ci fui nel '66 dopo la guerra, ma allora, il vedere tutto questo sorriso di lago, di colli, di monti. Ora capisco meglio Manzoni. Ieri passai dinanzi la casa, dove il poeta rivide i Promessi Sposi per la stampa primitiva. Nel suo gabinetto sta ora il Ponchielli [Amilcare, 1834-1866, celebre compositore cremonese]; meditando le sue musiche! Io non le vedo di buon occhio queste cose; e discorrendone con pozzi, dissi che preferirei di starmene come un allocco su d'uno degli ippocastani che ombreggiano il piazzale; allo insediarmi dove il grande Alessandro meditò e scrisse, per scrivere anch'io. Del rimanente, ognuno ha i suoi gusti, e la sua maniera di venerare.
Domani sarò a Milano a ritirar l'edizione delle Rive. Ahimè! Il volume è riuscito poco bello! Te nemanderò subito. Ho nel cuore non so quale tristezza. E domenica mi troverò di nuovo in famiglia, coi miei bambini sulle ginocchia, che si litigheranno le mie carezze. Sì, Mario comincia a provare anch'egli le passioncine. Ringrazia per me quella gentile donna, che usò così cortesi parole discorrendo teco del mio Arrigo. Dille che io sono dolentissimo di non poterlene offrire un esemplare. Non ne ho più nè nuovi nè antichi o usati. Vedrà le Rive, e spero che la mia prosa non le spiscerà. Se non altro vi troverà l'animo mio non mutato in dieci o dodici anni; e la mia fede sempre uguale nelle cose più belle che abbia la vita. Ti lascio. Da Cairo tornerò a scriverti.
Abbi i saluti d'Ernesto; il quale scriverà anch'egli due righe qui sotto. Ciò val quanto dire che era inutile che io ti salutassi per lui.
Addio. Scriverò anche a Dante e a Jacopo.
Tuo Cesare.
sabato 12 giugno 2010
artwork from 1213 post - Jena - Germany
Achim Heidemann for G.C.Abba mail art project
Cairo M. giugno 1875
Caro Mario, - ti ho scritto da Lecco il giorno 10 e Pozzi aggiunse alla mia due righe di Suo. Spero che avrai ricevuto la lettera. Da Milano poi ti ho spedito un esemplare del mio libro. Tornato a casa trovai la mia bimba, la mia Giulietta ammalata, e le si sviluppò la difterite.
Oggi sta meglio, ed io rubo un quarto d'ora per scriverti avvisando che ho dato ordini perché fossero a te spedite le 18 copie sottoscritte a Viterbo. Non so quanto ti spiacerà l'ufficio di distribuirle; ma abbi pazienza. Ti unisco i nomi dei sottoscrittori.
Le altre copie di Roma e di Firenze le feci mandare per la posta ognuna al suo indirizzo. Ad altro giorno ti scriverò più a lungo. Ora addio.
Ti stringo fraternamente la mano,
tuo Cesare.
P.S. - Se ti accadesse di vedere su pei giornali qualche notizia sul mio romanzo, indicami il numero dei giornali o mandali se ti fa comodo. Addio.
Quattro gemelli ABBA con i capelli lunghi
I quattro gemelli Abba, elaborazione di Tommaso Gatti - Milano
Lettera di Mario Pratesi - (da Viterbo)
Viterbo, 27 giugno 1875
Caro Cesare [Abba], vi son pagine nel tuo libro che io non mi sazio di rileggere: perfetto davvero, e piene dell'eloquenza d'un cuore generoso. Tu hai poi una potenza rara di descrivere caratteri e luoghi. Insomma il tuo è un libro. La voce dell'amico è sincera, ma sarà confermata dalla stampa, in altri termini più eloquenti. Frattanto io arrossisco d'aver dato a te, che mi puoi essere mille volte maestro, que' consigli ben inutili co' quali rimandai i pochi fogli che avesti la bontà di mandarmi. (...) Io sono lietissimo che finalmente questo lavoro che ti farà conoscere, sia comparso alla luce; io che so quanti pensieri t'è costato, e quanti sdegni e dubbi incresciosi. (...) Addio, mio buon amico: ieri l'altro ricevei le diciotto copie, due delle quali però erano rotte, ma nondimeno le ho date senza difficoltà. Te lo dico perché tu avvisi chi spedisce a non straziare in quel modo i volumi. Domani l'altro, quando avrò consegnato tutti i volumi, ti manderò il denaro. Come sta la tua Giulietta? scrivimi presto. bacia i tuoi bambini, saluta i tuoi, credimi sempre il tuo ecc.
Barzellotti ti saluta e ti scriverà fa Firenze.
lunedì 31 maggio 2010
ABBA IS A STAR
ABBA IS A STAR - artwork in cooproduction with Kim Jungyoun
Lettera a Mario Pratesi - Firenze
Lettera a Mario Pratesi - Firenze
[Cairo], 27 maggio 1871
Caro Mario, - cinque anni or sono a quest'ora io dicevo addio a te a Sigmond ad Agesilao nella stazione di Pisa, me ne veniva a casa mia mesto, sconsolato, ad altri addio dolorosi. Oggi, non più quel d'allora, ti scrivo come per commemorare con te quella giornata, e per chiamarti un'altra volta fratello. (...) Mai come nei giorni d'allegrezza, l'anima mia ha bisogno di piangere. Mi sono sposato ed ho voluto che ciò fosse il 5 maggio nell'ora in cui undici anni fa scendeva, solo in mezzo a una moltitudine d'ignoti, da Genova a Quarto. Perdonami se vengo sempre fuori con questi ricordi, che possono parere vantazione puerile: tu mi conosci e sai che non lo fo' per nulla, e sai che le date sono per me una sorta di religioso culto. Ebbene all'ora stessa io mi conduceva la mia donna semplicetta, e timida a sposarla, senza pompa, senza accompagnature, soli potrei dire, e pieni tutti e due di una mestizia dolcissima, che a me torna più cara e feconda di qualunque allegrezza. Feci il solo matrimonio civile: se ne parlò assai in paese, a me nessuno osò dir nulla. Ma caro Mario quale serio stato è quello dell'uomo ammogliato! Il solo pensiero di non essere più padroni della propri esistenza, basta a far mesti. Capisco ora, come uomini che hanno mogli adorabili e sante, dicono che non si ammoglierebbero un'altra volta.
Tu mi hai detto che, se io venissi a Firenze colla mia donna, ti sarebbe caro. Per ora non verrò, o se verrò mi vedrai solo. Mia madre ha bisogno d'assistenza, e mi terrebbe per ingrato, se le portassi via la sua infermiera. (...)
mercoledì 26 maggio 2010
giovedì 15 aprile 2010
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